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Il COMMENTO
Diritto al denaro o denaro per i diritti?
di LUCA DE LUCA PICIONE *
Le cifre diffuse dalla Regione relative alla platea dei 3741 disoccupati di lunga durata beneficiari delle politiche del lavoro, sia pur considerando le problematiche relative alla costruzione del dato, evidenziano alcune criticità. A partire dalla rappresentatività del campione, solo l'1.5% circa dell'universo dei senza lavoro, e dalla duplicazione delle misure di assistenza per il 6% di essi, i 224 che hanno percepito contemporaneamente i 600 euro del progetto Bros e i 350 dei reddito di cittadinanza. Per non parlare del 23% dei casi nei quali almeno due partecipanti al progetto appartengono allo stesso nucleo familiare. Se sommiamo, inoltre, la percentuale dei diplomati e dei laureati, rispettivamente il 14,5% e l'1%, siamo ben lontani dagli obiettivi di Lisbona, come correttamente riportano le elaborazioni nel piano regionale di azione per il lavoro a proposito del tasso di scolarizzazione superiore. La lettura del dato quantitativo, sottraendoci a giudizi sommari, esplicita il nesso fra la cornice istituzionale entro cui operano le amministrazioni locali e gli esiti degli interventi di contrasto alla povertà, richiamando all'urgenza di una riflessione puntuale e di un confronto serrato tra le parti disponibili ad assumersi iniziativa e responsabilità sui modelli di politiche realizzabili per garantire a tutti diritti e opportunità. Si tratta di quell'“agire civile”, citando l'intervento di Marco Demarco alla recente presentazione della rivista Progetto Campania, non più rimandabile in una città come Napoli per evitare di rafforzare ulteriormente l'opinione diffusa oggi in Italia sulla mancanza di ogni principio di legalità nelle scelte e nelle rivendicazioni delle regioni meridionali. In quest'ottica, una valutazione articolata da parte dell'intera comunità scientifica delle misure che si propongono di ridurre la povertà, di innalzare la qualità dell'istruzione per i giovani e gli adulti attraverso il lifelong learning e di ampliare le chance di lavoro, potrà rivelarsi utile al ridisegno delle politiche verso quel welfare delle opportunità cui fa riferimento Ferrera nell'intervento di ieri sul “Corriere della Sera” ed altri studiosi come Agodi nelle loro ricerche. Se non cambia l'esperienza che i cittadini hanno delle strutture eroganti, come potrebbero cambiare aspettative e atteggiamenti dei cittadini verso queste politiche? Rompere il circolo vizioso tra assistenzialismo degli enti erogatori e dipendenza dei beneficiari è condizione e non esito del superamento dei limiti che fanno apparire destinate al fallimento le politiche di welfare nei contesti difficili come i nostri, caratterizzati da un'alta intensità di economia sommersa ed una debole cultura della legalità.
* Sociologo |
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