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13/09/2011 Azioni di sistema nel welfare. Per l'occupazione senza sprechi
L'occasione che Repubblica offre ai suoi lettori di riflettere sul welfare e sui dubbi che, legittimamente, possono porsi rispetto alle politiche che la giunta Caldoro sta mettendo in campo, dà la possibilità di dar conto del senso e delle ragioni di questi interventi. Anche se lo spazio di un quotidiano impone di "sintetizzare molto", v'è la necessità di non tradire il senso delle questioni che si pongono nel presente momento di crisi allorché ci si riferisce al welfare e ai servizi alla persona. Per lunghi anni, quando le risorse messe in campo dallo Stato, dalla Regione e dai Comuni erano significative e importanti, le scelte che dal 2000 in avanti furono operate condussero a un approccio che io ritengo di poter definire schizofrenico. Mentre, infatti, si indirizzavano risorse ai territori per allestire quello che oggi definiamo il sistema di governance temtoriale dei servizi (Ambiti sociali e Piani di zona), dall'altro la Regione in maniera diretta e, al tempo stesso, dissociata dal processo di costruzione di tale governance alimentava con ingenti finanziamenti esperienze che, in particolar modo nel capoluogo campano, si conducevano presso i quartieri e le realtà degradate della città. Queste esperienze assunsero in tal modo una veste di esemplarità, quasi testimoniando un'aspirazione verso ciò che bisognava mettere in campo per i luoghi e le persone più deboli della società urbana. Si è trattato negli anni di straordinari esempi, su cui si è prodotta pure una significativa letteratura fatta di commenti e considerazioni colte e approfondite, che hanno alimentato pagine di giornali e ispirato titoli a eminenti penne della stampa campana. Esperienze però che senza la costante iniezione di risorse pubbliche non sono riuscite a trasformarsi in attività a regime, in servizi essenziali, restando solo, per anni e anni, esperienza ed esperimento. I quartieri e le zone degradate sono rimaste così nella loro depressa condizione, proprio mentre si conducevano al loro interno queste attività, nel chiuso di laboratori perennemente sperimentali. Non è qui in discussione il contenuto laboratoriale di questi interventi, quanto la modalità per la quale non si è pensato mai a ciò che dal laboratorio dovesse prodursi per trasformare il fatto esemplare in offerta a regime di servizi per le persone. E' su tale scenario che la giunta Caldoro è dovuta intervenire, in un contesto dove montagne di risorse partorivano un topolino. Una governance territoriale a dir poco discutibile, al punto che si è dovuto dar seguito al processo di commissariamento del Comune di Napoli per le politiche sociali (le risultanze saranno rese note a breve) iniziato dalla precedente giunta regionale a fronte di un palese e dissennato uso delle risorse in materia di welfare. E' per tutto ciò che si è trattato di porre fine a quello che prima ho definito approccio dissociato, mettendo in campo, da una parte, una programmazione delle risorse ordinarie di carattere biennale in grado di garantire agli Ambiti certezza nel sistema di pianificazione territoriale (175 milioni di euro) e dall'altra azioni di sistema – come io le definisco – con risorse innanzitutto europee (182 milioni). E quindi interventi ampi e disseminati per creare l'infrastruttura sociale che negli anni a venire dovrà camminare, con le proprie gambe, per ridurre il rischio di esclusione sociale nei quartieri (30 milioni); interventi per migliorare la qualità professionale degli operatori dei servizi (14 milioni); una misura di 5 milioni che consentirà ai giovani di vedersi finanziati progetti innovativi (con 25 mila euro di contributo massimo per ciascuno di essi). Tutto questo garantendo un monitoraggio e una valutazione delle performance seria e importante, che già avviene attraverso il sistema informativo sociale (1,5 milioni). In questa fase le esperienze che avranno dimostrato di essere competitive e di aver prodotto ricadute tangibili sul territorio saranno chiaramente riproposte ed incentivate. Concludo evidenziando come le azioni di sistema di cui si è detto prima risultino essere in piena sintonia con le valutazioni degli economisti contemporanei, che continuano ad affermare la necessità che il welfare si trasformi, specie in un momento di crisi come quello attuale, da ripartivo a produttivo. La strada più breve per giungere a tale obiettivo è sfruttare le potenzialità di alcuni servizi alla persona che danno vita a moderne esperienze di welfare low cost, che possono trasformarsi in forme innovative di occupazione giovanile ed essere offerte a prezzi sempre più competitivi rispetto a quelli di mercato.