facebook
contatti
site map
www.ermannorusso.it
Rubrica "in...fondo, in....fondo"
Ricerca i vecchi articoli commentati da Ermanno Russo
stampa
torna indietro
La lezione francese, il "no" oltralpe alla Costituzione dell'Ue
L'INUTILE FUGA IN AVANTI DELLA FINANZA E LE PAURE DEGLI EUROPEI
di Ermanno
Russo
01/06/2005
Il voto che ha sconvolto l'Europa, quello francese di domenica scorsa palesemente contrario al Trattato costituzionale dell'Ue, suggerisce una doppia chiave di lettura. La prima, asettica e per certi versi scontata, vede a sorpresa la neonata Costituzione del vecchio continente incassare un "no" convinto da parte di uno dei paesi fondatori, peraltro candidato al ruolo di protagonista nella nuova Europa a 25 Stati. La seconda, neanche troppo sottile e criptica, rinvia alla sostanza del problema e presenta a sua volta un duplice interrogativo. Vale a dire: il voto oltralpe è stato davvero un voto contro la Costituzione o più verosimilmente ha significato un "no" fermo all'Unione europea così comè; ostaggio delle banche, della finanza, dei burocrati. Eppoi: quanto ha pesato, se ha pesato, nella consultazione referendaria francese una componente di politica interna? Domande semplici che meritano risposte sincere e scevre da presupposti ideologici o di appartenenza.
A poche ore dalla chiusura delle urne, appare evidente come il Trattato costituzionale abbia fatto da parafulmine, celando alla meno peggio il nocciolo duro della questione. Come dire, il problema non è la carta fondamentale (un mattone di 500 pagine, composto da ben 448 articoli, che farebbe impallidire anche il più accanito lettore di volumi ponderosi, difficile da divulgare e con ogni probabilità sconosciuto a buona parte di quel 55 per cento di elettori che hanno scritto "non" sulle loro schede) quanto l'attuale aspetto dello stato sovranazionale, nel caso di specie il volto per niente umano dell'Unione europea.
Se è vero, come è vero, che un progetto politico comune e condiviso rappresenti oggi per gli Stati del vecchio continente - sempre più disorientati da una scena internazionale così fortemente condizionata dallo strapotere militare ed economico statunitense - unìoccasione irrinunciabile per rilanciare le sorti delle comunità amministrate, è altrettanto vero che se integrazione deve esserci non può che partire dal basso, dalle regioni. La vera anomalia di questa Europa sono le banche, è la finanza con i suoi ragionamenti poco comprensibili alla massa, sono i regolamenti tortuosi, invadenti e buoni soltanto sulla carta. I popoli, i cittadini, la gente comune non ne sa niente dei compiti della Commissione europea, del Consiglio d'Europa o, peggio ancora, ignora il ruolo ed il peso che ha nelle nostre vite la potentissima Banca centrale europea; vero ed unico polmone di questa tanto citata Ue.
Finchè si è trattato di un progetto politico, di un argomento caro a storici ed analisti, l'Unione è riuscita ad esercitare fortemente il suo fascino sulle menti di giovani intellettuali e studenti che si dilettavano a concepire nuovi modelli di stato, non per forza ancorati ai confini nazionali, che potessero vedere insieme comunità con radici comuni ed obiettivi condivisi. Ma tra il dire ed il fare ce ne corre. E qualcuno non ha compreso che il passaggio alla logica del fare doveva avvenire tra la gente e per la gente. Si è invece costruito uno scheletro di Europa in ossequio a pochi e complicati dettami di origine economico-finanziaria, trascurando la vera linfa di ogni Stato " i cittadini " e determinando così quell'inevitabilmente strappo dalla società che ha prodotto quale unico effetto una diffusa disaffezione e uno scollamento tra i vari strati sociali dei singoli Paesi. Del resto, la lezione francese ne è la prova evidente. E' la manifestazione genuina e spontanea di un malcontento che covava da tempo e che attraverso il pretesto di una ratifica del Trattato costituzionale è venuto fuori prepotentemente con tutte le sue dolorose conseguenze. Le conseguenze prevedibili di un'inutile fuga in avanti della finanza.
Ma nella sconfitta del fronte del sì in Francia ha giocato un ruolo importante anche la politica interna. Una disoccupazione crescente (oltre il 10 per cento), la pericolosa delocalizzazione industriale che già da un poò si fa registrare oltralpe e l'aggressiva concorrenza dell'Europa dell'Est hanno alimentato una sfiducia difficile da arginare, che alla prima occasione è sfociata in un voto di protesta. A poco servono, allora, le giustificazioni di osservatori internazionali che attribuiscono la debacle francese ad una carta fondamentale giudicata troppo liberista (per la sinistra) o poco rispettosa dello Stato nazionale (per la destra). Il problema è un altro, è la distanza dell'Ue dalla gente. Ed il test olandese, atteso per oggi, dirà meglio e di più. Anche se in fondo, in fondo verrà accolto con larghe riserve come quello parigino, visto che i padroni dell'Europa " da Barroso al presidente di turno Juncker " hanno già fatto sapere che non c'è alternativa all'Europa e che non sono ammessi passi indietro.
archivio
rubrica