Rubrica "in...fondo, in....fondo"

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Troppe discussioni in atto. Preoccupa il ritardo con cui si sviluppa il nuovo soggetto
PARTITO UNICO DELLA CDL, UN DIBATTITO CHE RISCHIA
DI SOVRAPPORSI ALLA CAMPAGNA ELETTORALE

di Ermanno Russo

Che lo si chiami partito unico o – come recentemente ha precisato il presidente del Consiglio – unitario, che sia un’alleanza per la libertà e non più una casa, francamente non fa molta differenza. Il vero grande problema che il centrodestra ha davanti a sè e che forse vede con troppa sufficienza è rappresentato dal tempo. Così se per decenni il luogo comune gli tributava il meritato epiteto di tiranno, nel caso di specie il tempo assume aspetti ancora più autoritaristici e totalitari. Non c’è mediazione che tenga: le Politiche sono dietro l’angolo e bisogna fare presto. Altrimenti – e sarebbe un disastro senza proporzioni – si rischia di sovrapporre il dibattito sul partito unico alla campagna elettorale propriamente detta.

Noi esponenti dell’attuale Casa delle libertà faremmo bene a riflettere sull’insofferenza balzata fuori dalle urne alle ultime Regionali, ad analizzare il voto nella sua complessità sganciandoci – ora che ne abbiamo il modo ed il tempo – dalla logica dei risultati supposti per comprendere il reale esito dei nostri progetti e, magari, rivedendone significativamente la parte che avrebbe dovuto condurre ad un riscontro che non c’è stato. Insomma, se è vero come è vero che l’elettorato per così dire polista abbia intelligentemente usato il turno amministrativo per lanciare un monito alla Cdl ed un avvertimento al Governo, appare chiaro che sia giunta l’ora di ricorrere all’arma più efficace per recuperare terreno – in politica come nella vita quella della chiarezza.

Ciò anche in funzione del fatto che se una parte considerevole dell’elettorato di centrodestra in occasione delle Regionali ha preferito astenersi o, peggio ancora, optare per un partito di moderato alleato della sinistra, forse l’ha fatto perché non è stata messa nella condizione di apprendere e comprendere appieno i pur consistenti sforzi compiuti dall’esecutivo Berlusconi e la grande lezione di democrazia che la coalizione di maggioranza sta dando al centrosinistra; governando il Paese per un’intera legislatura senza interruzioni significative ed aggiudicandosi il non trascurabile primato della longevità.

Dinanzi ad un quadro di questo tipo, si avverte forte l’esigenza, a mio avviso innegabile, di semplificare gli strumenti dell’azione politica ed avvicinare la gente agli obiettivi che si intende raggiungere. Di sicuro il partito unico va in questa direzione, ma qualche perplessità – credo anche legittima e neppure troppo trascurabile – la crea la tempistica che ci si è dati. Mai come in questo momento, infatti, gli elettori hanno bisogno di credere in un progetto di rinnovamento che li veda protagonisti attivi e non spettatori passivi. I sondaggi sono sicuramente un ottimo metodo per misurare le aspettative dei cittadini in relazione una data iniziativa, ma da soli non bastano e, soprattutto, non possono supplire a quella prerogativa assembleare e partecipativa propria dei partiti.

Ecco perché – forti delle esperienze del passato – dovremmo non commettere l’errore di calare dall’alto un soggetto politico nuovo pretendendo “sì” incondizionati e convinti. A ciò poi si aggiunge l’esigenza di fare in fretta, un’esigenza che i partiti non possono in nessun modo né mutare né mediare, giacché frutto di una campagna elettorale alle porte, se non già in corso. Di qui il timore che il partito unico con la sua lunga carovana di dibattiti e discussioni – indubbiamente legittime e meritevoli di attenzione da parte delle diverse sigle che compongono l’attuale maggioranza di governo – finisca, quasi per un’eterogenesi dei fini, per sovrapporsi alla stessa campagna elettorale; determinando un effetto caotico dirompente e difficile da gestire ad uno o due mesi dal voto. Una situazione quest’ultima che sortirebbe due risultati negativi, in primis svilirebbe un progetto politico serio sulla cui bontà nessun leader della Cdl sino ad oggi ha espresso riserve di tipo strategico o di merito (salvo la Lega che per sua stessa natura non può che pronunciarsi criticamente rispetto ad un’iniziativa di questo genere); in secondo luogo finirebbe per consegnare alla storia recente del Paese un ibrido, che presentandosi alle prossime elezioni per il rinnovo del Parlamento con una sostanza diversa dalla forma (mi riferisco ai simboli storici dei partiti della Casa delle libertà che dovrebbero ugualmente campeggiare sulle schede elettorali pur in presenza del partito unico) coglierebbe di sorpresa gli elettori del centrodestra, disorientandoli ulteriormente.

A questo punto viene da chiedersi se non sia più semplice affrontare con vigore l’imminente campagna elettorale, magari capitalizzando gli sforzi sinora compiuti e presentando meglio i risultati ottenuti dal Governo in termini di crescita del Paese, piuttosto che arrischiarsi in una folle corsa contro il tempo. Personalmente propenderei per la prima ipotesi, in… fondo, in… fondo gli elettori votano perché qualcuno – si suppone con competenze specifiche ed impegno dichiarato – i problemi li debba risolvere non creare.
20/06/2005