Rubrica "in...fondo, in....fondo"

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Scampato il pericolo di una genesi frettolosa che avrebbe disorientato gli elettori
SLITTA A DOPO LE ELEZIONI IL PARTITO UNICO
EMPASSE SUPERATO, AL VOTO CON L’ATTUALE CDL

di Ermanno Russo

Avevamo sollecitato una risposta da queste stesse colonne non più tardi di una decina di giorni fa. E la risposta è puntualmente arrivata. L’esperienza e la lungimiranza del premier Berlusconi hanno suggerito – così come c’eravamo augurati – che il partito unico, poi diventato unitario, veda la luce dopo l’appuntamento elettorale del 2006.

Una scelta che, senza dubbio, è indice di chiarezza e che rivela una precisa volontà politica, quella di creare un soggetto autenticamente nuovo senza fughe in avanti, senza bruciare tappe e, soprattutto, partendo dal basso. Un punto fermo quest’ultimo, che ha fortemente caratterizzato la piccola rivoluzione avviata dal presidente del Consiglio all’indomani delle Regionali sia all’interno di Forza Italia che, in maniera speculare, nell’ambito della Casa delle libertà.

La gente deve tornare a far sentire la propria voce. Guai a calare dall’alto nuovi soggetti politici “insulsi”, lontani dal comune sentire e, quel che peggio, costruiti a tavolino senza il consenso degli elettori. Berlusconi l’ha capito ed ha sapientemente rinviato l’ingresso ufficiale del partito unico nel quadro costituzionale del Paese a dopo le elezioni. Così facendo, il presidente del Consiglio ha ottenuto un doppio risultato: da un lato ha evitato che la genesi del progetto fosse affidata alle tante e diverse iniziative locali che in maniera piuttosto caotica si stanno susseguendo già da un po’ e che sembrerebbero più funzionali al rafforzamento dei vari personalismi a livello periferico che non all’obiettivo conclamato di coagulare consensi sul territorio; dall’altro lato ha prevenuto una potenziale ed assolutamente possibile emorragia di voti, che si sarebbe sviluppata agevolmente e con effetti devastanti dal momento che, con il partito unico, in cabina elettorale non sarebbero stati più visibili i simboli storici della Casa delle libertà.

Non si deve perdere neanche un voto”, è quanto avrebbe detto il premier a Casini, Fini, Follini e Letta nel corso dell’ultimo, proficuo, incontro sulle sorti della coalizione. E fa bene il presidente del Consiglio a ragionare in questi termini. La sinistra ha perso nel 2001 perché aveva determinato, attraverso il suo atteggiamento anti-popolare ed autoreferenziale, uno scollamento profondo rispetto a vari strati della società italiana. Oggi questa distanza dalla gente la si avverte, benché in minima parte e soltanto in precise realtà territoriali, anche nel Polo. Davanti ad un quadro politico così impegnativo e complesso, appare evidente allora come l’unica cosa da fare sia studiare politiche di recupero del consenso ad hoc, che vedano la Casa delle libertà impegnata su e giù per lo Stivale in iniziative di rilancio delle tematiche locali.

Soltanto in questo modo, lottando voto su voto, il centrodestra potrà sciogliere la riserva che il suo elettorato, forse anche a ragione, ha deciso di assumere in occasione delle Amministrative; al fine di lanciare un monito alla maggioranza di governo chiaro e severo, anche se lontano anni luce – ne siamo sicuri – da una bocciatura.

Ci appare saggia, quindi, la posizione assunta dal presidente del Consiglio e palesata agli alleati in tutta tranquillità. Siamo, altresì, convinti che l’aver affrontato con decisione e, allo stesso tempo, con grande senso di responsabilità – come del resto è aduso a fare – l’altro importante nodo relativo al candidato premier, indicando se stesso quale avversario di un centrosinistra sbilenco e vittima della litigiosità interna, sia stato un ulteriore passo in avanti. Oggi gli elettori di centrodestra sanno con certezza chi votare e di quale progetto quest’ultimo intende farsi portatore. Senza equivoci, senza punti interrogativi, senza “false novità” che sortirebbero soltanto l’effetto di disorientare.

Tutto ciò naturalmente non esclude né nasconde la validità e la consistenza politico-organizzativa del partito unico, che seguirà un percorso lineare e concreto e non si arenerà nelle secche del dibattito locale. Berlusconi, infatti, ha sì detto che il progetto prenderà corpo ufficialmente all’indomani del voto per il rinnovo del Parlamento, ma non ha assolutamente archiviato l’esperienza; concetto che pure qualche osservatore di parte ha cercato di far passare sulla stampa nazionale e propinare ai suoi lettori. L’aver pensato da subito, infatti, ad un’assemblea del Comitato costituente da tenere prima dell’estate – passo fondamentale per la fondazione di ogni nuovo soggetto politico che si rispetti – rappresenta inequivocabilmente la dimostrazione di come il progetto stesso sia saldamente in piedi e goda anche di ottima salute. Anzi, noi crediamo che vada dato atto al premier di aver saputo verificare se tecnicamente –  sul campo – l’intuizione politica del partito unico avesse potuto sortire i risultati sperati già in occasione del prossimo voto per il Parlamento e, una volta compreso che sarebbe stato prematuro - perché la politica ha i suoi tempi -, aver sapientemente optato per una campagna elettorale strategicamente più redditizia. Senza per questo deludere le aspettative di chi credeva e crede ancora nel nuovo soggetto unitario.

Una scelta politica – a nostro avviso – impeccabile, che diventa ancora più rilevante e significativa se si tiene conto dell’enorme danno che avrebbe generato la coincidenza cronologica e quindi la sovrapposizione – nei fatti inevitabile – del dibattito sul partito unico con l’imminente campagna elettorale per le Politiche. In… fondo, in… fondo la Casa delle libertà ha il diritto, oltre che il dovere, di presentarsi al proprio elettorato – con i suoi simboli e le sigle dei rispettivi partiti – per rendere conto di come significativamente si è governato in questi cinque anni e, ad un tempo, chiedere il consenso indispensabile perché il processo riformistico nel Paese prosegua con rinnovato vigore.
30/06/2005