Rubrica "in...fondo, in....fondo"

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Fini difende l’Esecutivo e rischia di perdere An. Follini lo critica e compatta i suoi
LEADER AL GOVERNO E LOTTE INTESTINE
LE FACILI E TRISTI SPECULAZIONI NEI PARTITI

di Ermanno Russo

Un week-end torrido e complicato ha pericolosamente minato gli equilibri all’interno della Casa delle libertà, generando il rischio di terremoti e scismi a soli undici mesi dal voto per il rinnovo del Parlamento. Questa volta, però, ad animare la scena non è stato il partito di maggioranza relativa, Forza Italia, che si è guardato bene dal mettere in campo argomenti potenzialmente scomodi in un momento decisamente difficile per la coalizione; rinviando – così come buonsenso suggeriva – anche l’atto di nascita del partito unitario. Probabilmente, non hanno goduto della stessa intuizione politica altre due grandi forze del centrodestra, An e Udc, che in occasione dell’assemblea nazionale la prima e del congresso la seconda hanno messo a dura prova l’alleanza che nel 2001 ha conquistato la fiducia degli italiani e Palazzo Chigi.

Alla fine le rotture sono rimaste soltanto nei titoli che per tre giorni hanno campeggiato sulle pagine dei giornali. Resta però l’amaro in bocca per l’atteggiamento ambiguo di questa coalizione, che ha riscoperto un’antica dicotomia della politica italiana; quella che vedeva i leader di partito, una volta al Governo, perdere consenso dinanzi alle opposizioni interne e, viceversa, certi segretari incalzare l’Esecutivo, che peraltro appoggiavano in Parlamento, nel tentativo – spesso riuscito, come in questo caso – di tenere compatta la base in nome di un malinteso senso dell’autocritica.

La prima parte del concetto rispecchia fedelmente quanto accaduto in Alleanza nazionale nell’ambito dell’assemblea appena conclusasi; la seconda ricorda, forse ancora meglio, l’affondo di Follini al congresso dell’Udc contro Berlusconi e la sua premiership. A farne le spese, naturalmente, non è il solo presidente del Consiglio quanto l’intera coalizione, che dopo il risultato deludente delle Regionali avrebbe sì dovuto fare autocritica ma in maniera composta e proficua, invece che chiassosa e sterile come si sta facendo in questi giorni. Le responsabilità di governo, si sa, rappresentano un impegno serio e gravoso, non sempre conciliabile con le visite alle sezioni locali di mezza Italia e con i comizi di piazza. Di questo Fini ne è sinceramente persuaso, al punto che – all’indomani di una strigliata ai suoi, forse più dettata da una reazione emotiva che non frutto di una strategia studiata a tavolino – ha intelligentemente ammesso che l’assenza dal partito di questi anni è stata soltanto fisica e non può essere in nessun modo ascritta a sentimenti come l’indifferenza; concetto quest’ultimo impropriamente richiamato da qualcuno, visto le tante esperienze vissute dal vicepremier insieme alla base di An ed il rapporto di amicizia con i massimi dirigenti del partito.

Alla fine i cosiddetti colonnelli hanno compreso e si sono acquietati. Che sia stata una pace o una tregua nessuno può dirlo, fatto sta che politicamente lo strappo – che inizialmente sembrava poter dar vita addirittura ad uno scisma – è stato ricucito.

Un esempio emblematico quello che ha visto protagonista il “mattatore di Fiuggi”, indicativo dell’enorme svantaggio di un leader di partito che va al Governo e l’ingratitudine di chi – dimentico delle evoluzioni e dei traguardi raggiunti grazie anche al contributo decisivo di una guida politica carismatica e vincente – si attarda in guerre intestine nel tentativo di fare breccia nei cuori dei diffidenti, degli antagonisti per natura, degli osservatori meno attenti. Come si fa, infatti, ad ignorare il contesto assolutamente sfavorevole in cui l’Esecutivo è stato costretto ad operare in questi anni? Quali benefici può apportare alla maggioranza che governa il Paese dire, dall’interno di essa quale sostenitore e non dall’esterno nella pur legittima veste di oppositore, che si è fatto poco?

E qui la barra del discorso si sposta al centro, ma non per ragioni di tipo contenutistico o per chissà quale considerazione ideologica. Si sposta al centro per le vicende ultime che hanno visto l’Udc di Follini, segretario di un partito che – i più lo ricorderanno – all’indomani del voto amministrativo dell’aprile scorso chiese ed ottenne la costituzione di un nuovo governo (declinando volutamente l’incarico di vicepremier), “bacchettare” severamente Berlusconi per presunti ritardi e l’inefficacia della sua leadership.

In un primo momento, il discorso del ex segretario dei giovani diccì era sembrato funzionale ad una candidatura a presidente del Consiglio di Casini, ma – dopo le parole intrise di diplomazia dello stesso leader emiliano – l’impressione è stata un’altra. E cioè che Follini abbia intenzionalmente guardato soltanto nel proprio orticello, dando più importanza al consolidamento del consenso intorno alla propria figura che non rispetto alla coalizione che si prepara ad affrontare la difficile competizione delle Politiche. Se davvero questo era l’obiettivo, si spiega anche la scure adoperata con Berlusconi e la mano tesa ad An in funzione anti-Lega. Fortunatamente, lo spirito di coalizione in Alleanza nazionale ha avuto sostanzialmente la meglio, magari per l’incombere di questioni interne di fatto prioritarie, e Follini si è trovato da solo contro il premier, il vicepremier ed il Caroccio. Praticamente vittima delle proprie ambizioni. Un atteggiamento che ha prodotto un duplice risultato negativo: da un lato ha contribuito sensibilmente a fiaccare ancor di più la fiducia degli elettori di centrodestra, dall’altro un assolo senza successo di queste dimensioni determinerà verosimilmente un pericoloso irrigidimento nei rapporti con gli alleati. In un momento tanto difficile per le sorti del Paese e del centrodestra, l’unità deve diventare il punto fermo della prossima campagna elettorale; altrimenti si rischia di incorrere nell’errore tradizionalmente compiuto dall’Unione, il cui tasso di litigiosità interna è divenuto ormai proverbiale. In… fondo, in… fondo se la Casa delle libertà perde, perderanno anche i colonnelli di An, i seguaci di Follini tutti gli altri rissosi a caccia di un posto al sole.
04/07/2005