Rubrica "in...fondo, in....fondo"

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SICUREZZA, QUANDO LA SOLUZIONE E’ SOTTO IL NASO
MA SI FA DI TUTTO PER NON VEDERLA

di Ermanno Russo

08/07/2005
La vicenda ultima dello scippatore condannato per direttissima e senza attenuanti, dopo essere stato colto in flagranza di reato da una pattuglia di Falchi mentre si dava alla fuga con il rolex di un turista giapponese, ha riaperto inevitabilmente il dibattito sul ruolo della magistratura in questa torrida estate napoletana. Torrida evidentemente non soltanto per i gradi in più e la calura assillante delle ultime settimane, ma anche e soprattutto per i fatti di sangue, le aggressioni da far west e le rapine talvolta efferate  che si fanno registrare da un po’ di tempo a questa parte e che sono attribuibili alla criminalità micro e macro.

Dinanzi alla condanna, da qualcuno definita “esemplare”, del diciottenne incensurato che – nonostante un titolo di studio, in questo caso un diploma – decide di scendere in strada con la complicità di un amico minorenne per scippare un rolex (magari nel tentativo anche di fare scuola), viene da chiedersi se questa condanna più che esemplare non sia dovuta, normale e, sembrerebbe strano dirlo, corretta. Ciò non significa, naturalmente, che altre sentenze siano state scorrette; ma che sia prevalsa un’interpretazione eccessivamente garantista del codice penale e che la stessa abbia portato inconsapevolmente a conclusioni diverse e controproducenti, non lo si può in nessun modo negare.

Così, mentre buona parte della società cerca responsabilità nella politica e nella sua proverbiale quanto inesatta tendenza all’empasse o - peggio ancora - al lassismo, un giudice con poche righe ed un po’ di buonsenso risolve tutte le dispute sul tema e lascia cadere le fantasticherie di turno; non ultima quella del drappo nero ai balconi, forse simbolo di lutto rassegnato di una città ridotta allo stremo o una strana e superficiale forma di indignazione ugualmente sterile. La verità – a mio modesto avviso – è che per fronteggiare la criminalità, piccola o grande che sia, non serve il cappello cilindrico né tantomeno servono alchimie, basterebbe utilizzare al meglio gli strumenti che ci sono e che, come nel caso dello scippatore finito sui giornali, hanno dimostrato di funzionare.

Non si capisce poi perché la società moderna, pur essendo ancora sufficientemente permeata della visione montesquieana dei tre poteri (esecutivo, legislativo e giudiziario), tenda nell’approccio a fenomeni di questo tipo a tralasciarne sistematicamente uno – l’ultimo, quello affidato alla magistratura; rintracciando nello Stato con il suo governo e nella politica con i suoi parlamentari le cause di una mancata risoluzione della grande maggioranza dei problemi odierni. Una tendenza che ci penalizza, come società,come Paese e, soprattutto, come Sud. Oggigiorno a Napoli va di scena, con repliche frequenti e biglietti gratuiti, l’Antistato.
Poliziotti aggrediti come se fossero i peggiori criminali e criminali in libertà come se non avessero mai aggredito dei poliziotti. La legge diventa clemente dinanzi a certi soggetti capaci di delinquere reiteratamente, mentre ne punisce altri – questa volta sì in maniera esemplare – per reati, sicuramente gravi, ma forse di minore impatto sociale. Un magistrato di Napoli è un magistrato di Napoli, non può chiudere gli occhi ed applicare la legge come se non operasse nel contesto disastrato dove è stato chiamato a far il proprio dovere. Il disagio sociale di cui è vittima ed ostaggio la città deve scuotere la magistratura. La richiesta di giustizia non può essere elusa da un cavillo, una norma, un comma che permette “anche e non soltanto di…”.

Bisogna parimenti prendere coscienza poi delle ricadute negative procurate da una certo modo di intendere la rieducazione dei giovani “con un’evidente preordinazione all’azione criminosa”; tanto per citare un passaggio della sentenza oggi sui giornali. Perché, a fronte di benefici mediocri e sporadici, la scuola di pensiero del permissivismo e del recupero a tutti i costi ha generato effetti controproducenti sul tessuto sociale napoletano; lasciando che una pur valida e teoricamente ben fondata pedagogia sociale finisse di fatto per essere confusa con l’impunità.

Questa è la ragione per cui se oggi si vuole interpretare la legge in maniera coerente e con riscontro immediato, lo si deve fare in senso restrittivo. Il fatto stesso che la condanna per direttissima di uno scippatore incensurato abbia rappresentato motivo di dibattito sulla stampa locale, è oggettivamente anomalo. D’accordo che il ragazzo era incensurato, ma l’intenzione di compiere un atto criminale, senza remore, anche a costo di affrontare gli agenti – come di fatto è accaduto –, c’era tutta. Allora cosa avrebbe fatto di straordinario questa volta la magistratura? Forse, applicato le norme aprendo gli occhi e guardando in faccia alla realtà? Beh, era ora. Era ora che il terzo potere tornasse ad esercitare i suoi compiti con vigore nella nostra comunità, facendoci capire che giustizia c’è e, già oggi senza fantomatiche norme ed una legislazione speciale, è possibile assicurala ai cittadini.

Un’inversione di rotta sul fronte della sicurezza è stato l’auspicio di tutti in questi ultimi drammatici mesi a Napoli, non si capisce perché allora la svolta non possa arrivare dalla rivisitazione degli strumenti a disposizione, invece che da spettacolari patti bipartisan e norme straordinarie.  In…fondo, in… fondo il detto machiavellico in questo caso vale più che altrove, a Napoli nell’emergenza in cui ci si trova il fine giustifica abbondantemente il mezzo.