Rubrica "in...fondo, in....fondo"

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Sempre più giunte cadono: Caivano, Terzigno e Sant’Anastasia le ultime
SINDACATI SFIDUCIATI, MALESSERE POLITICO O PERSONALE?
LE ANOMALIE DI UNA STAGIONE DI GOVERNO DEL TERRITORIO


di Ermanno Russo

09/06/2005
Il fenomeno della caduta, a volte improvvisa, delle amministrazioni comunali della Campania apre un nuovo preoccupante capitolo sulla stagione di governo del territorio. Che si tratti di giunte guidate dal Pdl o meno, ciò che sorprende è il rapporto sempre più labile tra sindaco e consiglieri, ormai costellato di dissapori e distinguo, che con facilità disarmante culminano nell’atto estremo dell’interruzione della consiliatura e del conseguente commissariamento delle attività comunali.

Gli ultimi episodi in ordine di tempo si riferiscono ai municipi di Caivano, Terzigno, dove proprio in queste ore il sindaco Domenico Auricchio ha dovuto prendere atto delle dimissioni di undici componenti sui venti complessivi dell’assise comunale, e di Sant’Anastasia, il cui sindaco Carmine Pone è stato di fatto sfiduciato dopo il voto contrario sul bilancio di alcuni dissidenti della sua stessa maggioranza.

Inutile dire che se un’assemblea elettiva arriva a chiedere il ritorno alle urne in modo così brusco e perentorio, un disagio c’è. Il discorso però meriterebbe di essere approfondito, perché le ragioni di tale disagio non si possono assumere come vere a priori, quasi fossero degli assiomi. Sarebbe bene ricercarle e magari, dopo averle individuate, esaminarle a fondo per comprenderne la causa. Soltanto in questo modo si potrà chiarire, in primis agli elettori, se si è di fronte ad un malessere politico, e dunque legittimo e comprensibile, o se il disagio è di ordine personale e come tale marginale rispetto all’amministrazione di un ente pubblico.

E’ vero che la caduta delle ideologie, la scomparsa dei partiti cosiddetti di massa e la fine delle liturgie, come dire, “romantiche” della politica, hanno contribuito a disegnare sui nostri territori uno scenario forse troppo orientato al pragmatismo, è però altrettanto vero che la politica resta il governo di una comunità attraverso dei programmi, che siano il più possibile strategici.
Programmi da attuare, possibilmente, con provvedimenti improntati alla difesa del bene comune e all’innalzamento degli standard di vivibilità del territorio. Ciò significa che, verosimilmente, le ambizioni personali, le velleità e certe richieste che esulano dalla sfera squisitamente amministrativa, devono restare fuori dal rapporto istituzionale “consiglieri-sindaco. Ciò a tutela delle popolazioni amministrate e in ossequio alle più elementari regole di democrazia. Ecco perché certi improvvisi cambi di rotta, da parte di talune maggioranze locali, alimentano fortemente il dubbio della legittimità politica di una serie di azioni intraprese, che non soltanto vanno a confutare il verdetto del popolo e configgono con le decisioni uscite dalle urne, ma rischiano di non dissipare i timori che vorrebbero certi atteggiamenti inutilmente connotati come politici essere in realtà l’esito di pressioni non andate a buon fine e, talvolta, al limite della legalità. Un rischio, quest’ultimo, che in democrazia non si può e non si deve correre. Di qui l’esigenza di far luce, anche all’interno dei partiti, rispetto a comportamenti tanto improvvisi quanto scarsamente supportati dal ragionamento politico.

La dialettica che regola il rapporto tra una maggioranza e, più generale, un consiglio comunale ed il suo sindaco può, e forse deve, essere caratterizzata da una vivacità di posizioni, talvolta anche in polemica tra loro, ma non può prescindere dall’imperativo etico della buona amministrazione e dal primato della politica.

In… fondo, in… fondo, riflettere sulla reale autonomia di alcuni primi cittadini farebbe bene alla democrazia tutta, perché chi viene eletto direttamente dal popolo poi deve anche essere messo nella condizione di governare.