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De Luca apolide della politica, suo appello al voto disgiunto è un'aberrazione
di Ermanno Russo

Fa una certa impressione leggere sui quotidiani napoletani di un candidato a presidente della Regione che, dopo aver fatto affiggere manifesti senza simbolo (in cui peraltro si dice “al di là dei partiti”), lancia un appello al voto disgiunto. Il candidato naturalmente è Vincenzo De Luca, ufficialmente esponente della sinistra e conosciuto come tale, che però da quando ha deciso di sfidare Stefano Caldoro nella corsa a Palazzo Santa Lucia è divenuto una sorta di “apolide della politica”: senza patria, senza identità e, quel che è peggio, pronto a tutto. Anche al voto disgiunto. Ora, capisco che presentarsi ad una consultazione elettorale per conto del Pd e del centrosinistra, unici responsabili dello sfascio della Campania, dia qualche problema, ma candidarsi come “uomo libero”, mandando in soffitta secoli di conquiste democratiche e minando alla base il ruolo dei partiti nella vita pubblica del Paese, appare una scelta a dir poco singolare, se non del tutto anomala. De Luca, piaccia o no, è il candidato della sinistra, ovverosia della maggioranza consiliare uscente, quella che ha gestito la Regione Campania dal ribaltone di Andrea Losco sino all’ultimo debito della sanità. Affrancarsi da questo passato ingombrante, che gli elettori ricordano bene, non fosse altro che per averne pagato le conseguenze in termini di vivibilità e stabilità politica, è semplicemente impossibile. Vincenzo De Luca non è candidato alla segreteria del suo partito, contro Bassolino e le altre anime del Pd, ma alla presidenza di un ente pubblico, che peraltro è il più importante della Campania. E, cosa che non va dimenticata, intanto è candidato in quanto rappresenta una coalizione, quella del centrosinistra. Una coalizione in piena regola, con le sue liste, i tanti e diversi simboli, i partiti (rispetto ai quali oggi si dice, paradossalmente, al di là) e con tutta la fisiologica nomenclatura, gli apparati e le logiche ultranote della politica militante. Dire il contrario, lanciare l’idea dell’uomo libero, che risponde soltanto a se stesso e che si candida a titolo personale, è pura ipocrisia. A meno che De Luca non rinunci pubblicamente all’appoggio dei partiti, candidandosi con una sorta di movimento o lista civica, che potrebbe essere, questa sì, personale. Ma siccome non credo che ciò accada, perché vi sono accordi già sanciti che indicano nel sindaco di Salerno il candidato del Pd, Bassolino compreso, e di Di Pietro, fino a quel momento dirsi libero dal vincolo della coalizione appare una chiara offesa all’intelligenza dei cittadini. Una riflessione a parte, poi, la merita l’ipotesi, fatta balenare in queste ore, della possibilità che settori del centrodestra, “i moderati”, così come definiti dallo stesso amministratore salernitano, possa votare lui alla carica di presidente. E’ evidente che un tale ragionamento risulti essere l’aberrazione della politica. Gli elettori pretendono dai noi candidati stabilità e governabilità, non certo un presidente senza maggioranza o, peggio ancora, maggioranze eterogenee sul modello di ciò che è accaduto con Romano Prodi a Palazzo Chigi. Chiedere il voto disgiunto è l’ennesima mancanza di rispetto nei confronti della platea elettorale, l’ennesimo ed inutile scossone alla democrazia campana. Come dovrà rispondere, allora, il candidato a presidente del Popolo della Libertà e tutto il centrodestra campano ad una dichiarazione di questo tipo? Con i fatti e la chiarezza. Seguendo l’esempio di quel governo del fare del presidente Berlusconi che qui da noi, in Campania, ha già risolto emergenze e dato prova di efficienza. Contro il voto disgiunto, sempre più una scelta di campo. In… fondo, in… fondo, se la nostra regione è ridotta all’osso, lo si vede anche e soprattutto ad un deficit di chiarezza che la sinistra ha creato nella gestione delle istituzioni…altro che voto disgiunto.
22/02/2010