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Sanità, la sfida è coniugare qualità e risparmio
di Ermanno Russo

In questi giorni di grande fermento per la nuova Regione targata Stefano Caldoro, torna prepotentemente d’attualità l’imperativo categorico della sanità campana: risparmiare. Il neoeletto presidente non ha potuto fare altro per ora che procedere ad un’essenziale ricognizione dei conti, ahinoi disastrati, avviando una seria riflessione sul da farsi ed ereditando, oltre ai bilanci pesantemente compromessi da diseconomie arcinote e sotto gli occhi di tutti, anche gli ultimi atti dei massimi dirigenti della sanità campana ancora in carica. Siccome, allora, la nuova maggioranza consiliare non ha ancora assunto il comando della Regione, non fosse altro che per ragioni burocratiche (la proclamazione degli eletti, ad esempio, non è stata ancora effettuata), vale la pena di esprimere qualche semplice e coerente parere non tanto sulla soluzione del debito, pratica che lascio volentieri ad altri per evitare di incorrere in un peccato di ipocrisia, giacché la gravità della situazione non consente rimedi tout court, quanto sul modo di pensare ed operare scelte, evitando che le stesse abbiano a rivelarsi prive di fondamento se non clamorosamente fuorvianti. E’ chiaro a tutti quanto grande sia il rischio di incappare nel clamoroso e classico “rimedio peggiore del male”, che ipotecherebbe il futuro non soltanto del settore sanitario quanto dell’intera Regione Campania. La questione presenta profili di criticità mai visti prima, con l’assillo pressante e, allo stesso tempo, legittimo di dover rientrare entro i confini del Patto di Stabilità. Se, allora, l’input a cui non si può sfuggire è risparmiare, occorrerebbe interrogarsi sulle modalità del risparmio, o razionalizzazione della spesa sanitaria, tenendo presente che qualità e lotta agli sprechi possono andare di pari passo. A ben vedere, infatti, si tratta di due facce della stessa medaglia. Garantire l’eccellenza delle prestazioni, traendo beneficio dall’alt alle ormai note diseconomie, è una strada possibile e praticabile fin da subito. Individuare le sacche di spreco dovrà essere l’obiettivo numero uno della nuova Regione Campania, ma con un’avvertenza: non intaccare i servizi, l’assistenza, ovverosia i cittadini. Ogni impostazione diversa e che prescinda da tale fondamentale principio rischierebbe di rivelarsi un pericoloso boomerang, non soltanto per il settore in questione, bensì per l’intera economia campana. E’ una considerazione che mi sento di fare, anche alla luce delle ultime stravaganti iniziative poste in essere, in nome di un malinteso senso dell’austerity, da chi ancora ricopre ruoli chiave nell’universo sanitario campano, pur appartenendo al vecchio assetto regionale. La minaccia di pesanti ripercussioni sulla qualità dell’assistenza sanitaria è qualche cosa di più di un presentimento. Penso agli specialisti ambulatoriali a contratto, impegnati soprattutto nei piccoli ospedali di provincia (150 soltanto nell’hinterland napoletano) e colpiti da un recente decreto del Commissario straordinario che di fatto li manda a casa. E penso anche alla decisione di accorpare le due Neurochirurgie dell’Ospedale “Cardarelli”, in barba all’attività sino ad ora egregiamente svolta da entrambi i reparti in questa delicata branca della medicina. Sono questi ultimi tagli giustificati e tali da considerarsi risparmio? Oppure, si rischia di rispondere soltanto sulla carta a quell’imperativo categorico della razionalizzazione, compromettendo invece in concreto il diritto alla cura e le esigenze dell’utenza? Tra le due mi sembra davvero più probabile la seconda. L’eccellenza campana va innanzitutto tutelata. Il risparmio è un obiettivo a cui tendere pervicacemente ma non a discapito dell’assistenza. Non si può procedere a tagli estemporanei, che non rientrano in un disegno complessivo di riforma del settore, facendo pagare direttamente ai cittadini il conto di logiche indiscriminate e lontane da un piano di rilancio organico. La contingenza politica, poi, in questo caso sicuramente non agevola il compito a chi deve compiere le scelte. E’ infatti noto quale sia l’assillo quotidiano di amministratori e direttori generali in scadenza, ovvero dimostrare, almeno sulla carta, di aver fatto risparmiare soldi, tralasciando distrattamente il costo in termini di qualità dei servizi erogati che certe iniziative comportano. Torna allora di bruciante attualità la ratio della riduzione dei costi attraverso misure che siano il più possibile strutturali e non a poggia o estemporanee, eterno errore quest’ultimo delle giunte di sinistra. Ridurre sì ma non a discapito delle eccellenze. In… fondo, in… fondo, non sono state certo le strutture all’avanguardia ad aver alimentato il debito spaventoso della sanità. Trascinarle oggi sul banco degli imputati appare quantomeno ingeneroso ed inelegante. Se c’è da condannare un modus operandi, allora si parta dalle spese pazze, dai protagonismi, dai contenziosi e dalle consulenze record, vero ostacolo alla costruzione di un piano strategico complessivo ed organico per questo fondamentale settore.
15/04/2010