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Crisi di governo, per la Campania sarebbe una iattura
di Ermanno
Russo
07/09/2010
La crisi di governo sarebbe una iattura per la Campania. E' bene precisarlo subito. I conti della Regione vivono un momento così da drammatico che il venir meno dell'apporto e della collaborazione di questo governo, rigoroso ma soprattutto dialogante, sarebbe davvero una sciagura per i cittadini campani. L'avvio della nuova legislatura regionale ha fatto registrare una percentuale di disagi e difficoltà che neanche il mio fantasioso degli osservatori della politica all'ombra del Vesuvio avrebbe mai osato immaginare. Il disastro contabile, finanziario e sociale procurato dalla precedente amministrazione di Palazzo Santa Lucia ha acuito enormemente le piaghe storicamente presenti nel tessuto produttivo ed imprenditoriale della nostra regione, ferendo quasi a morte la società campana. Lo sforamento spregiudicato, ma si dovrebbe dire spudorato, del patto di stabilità, l'indebitamento in settori chiave come la sanità, i trasporti o la cultura hanno peggiorato sensibilmente lo stato di salute delle casse regionali, costringendo l'incolpevole presidente Caldoro ad adottare misure drastiche di ridimensionamento della spesa e di riduzione dei costi di gestione dell'ente stesso. Al governatore va il merito di aver saputo chiamarsi fuori da condizionamenti di ogni tipo e di aver dato forza alla voglia di ripresa della Campania, battendosi fin dal primo giorno del suo mandato, a Roma ed in sede di Governo, perché emergesse il concetto di “comportamenti virtuosi” e non di Regioni virtuose. Spostare la barra della meritocrazia dal criterio della storicità a quello più coerente ed intellettualmente onesto della qualità dell'azione di governo è stata un'intuizione felice, che ha cambiato radicalmente anche il parere di Palazzo Chigi sui conti di Santa Lucia. Gli attriti, i distinguo e gli scontri che proprio in queste ore si stanno verificando a livello nazionale inducano a pensare ad un bivio. Da un lato c'è il patto di fine legislatura, che con coerenza il presidente Berlusconi richiama all'attenzione della sua maggioranza che, non bisogna dimenticarlo mai, è uscita dalle urne e dunque rispecchia la volontà degli elettori e del popolo italiano. Dall'altro, c'è l'ipotesi di nuove elezioni e della chiusura anticipata della legislatura. Se dovessi ragionare da amministratore locale e da assessore di una Regione che è oggi in serie difficoltà e che sconta incolpevolmente ritardi ereditati dal passato, direi senza alcuna remora che la crisi di governo farebbe perdere alla Campania quello slancio e quegli sforzi protesi alla ripresa che il presidente Caldoro è riuscito a mettere in campo nei primi 100 giorni e più di governo del territorio. Tutta la riprogrammazione economica, la rimodulazione delle risorse, la riorganizzazione del sistema ospedaliero e sanitario, tutto il riassetto della macchina regionale è stato fatto tenendo in conto la necessità di presentarsi a Roma con i conti in netto miglioramento e, dunque, dialogare con Palazzo Chigi su basi più solide. E non è vero, come qualcuno dall'opposizione si affanna a dire strumentalmente, che il Governo sta negando risorse alla Campania. Semmai era la Campania che fino a qualche tempo fa e a causa dei riflessi della cattiva gestione del centrosinistra negli ultimi dieci anni stentava a rimettersi in carreggiata e costringeva l'Esecutivo a “congelare” i fondi. Un'eventualità che oggi appare più remota, proprio alla luce degli sforzi compiuti dalla giunta Caldoro nell'individuare una linea di contenimento della spesa, strategica per il rilancio dell'intera economia campana. E' chiaro che le ragioni di ordine politico in questo discorso restano ai margini. La posizione dei “finiani” pregiudica di fatto il prosieguo della legislatura e la gente non ha certo bisogno dei tira e molla della politica, specie in un momento di crisi economica che colpisce tutta l'Europa. In uno scenario di questo tipo, un governo che voglia dirsi tale e che voglia dare risposte in tempi certi alla popolazione non può mettersi a negoziare ogni provvedimento con una minoranza interna e trattare costantemente su aspetti trascurabili di questioni invece importanti e di primo piano. E' evidente che davanti a tale disagio, la via delle urne, ancorché drastica, potrebbe apparire come la più concreta. Tuttavia, la Campania ci rimetterebbe. E' una considerazione tecnica, puramente tecnica, che esula dal discorso più politico e che va presa per quella che è: una preoccupazione. La preoccupazione che non si interrompa il filo diretto con il governo nazionale, che è molto più sensibile alle vicende campane di quanto vorrebbe far credere l'opposizione e che chiede alla Regione le legittime, sacrosante, garanzie prima di erogare fondi, che con la precedente amministrazione sono serviti soltanto ad alimentare clientele. In... fondo, in... fondo, la Campania è a un punto di non ritorno e certi scossoni potrebbero essere poco funzionali alla ripresa economica e sociale della regione.
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