facebook
contatti
site map
www.ermannorusso.it
Rubrica "in...fondo, in....fondo"
Ricerca i vecchi articoli commentati da Ermanno Russo
stampa
torna indietro
Il Welfare al tempo della crisi. Le criticità del sistema e le azioni del governo regionale
di Ermanno
Russo
16/02/2011
La delicata questione del “welfare”, ancora più sensibile in periodo di crisi economica strutturale, deve impegnare tutte le forze politiche, a vario titolo presenti nelle istituzioni, in una battaglia non ideologica ma finalizzata all'assistenza (e non all'assistenzialismo) delle fasce di popolazione più deboli. Di seguito, riproporrò alcuni temi affrontati nella mia relazione in Consiglio regionale a metà febbraio, in occasione del dibattito sullo stato del welfare in Campania. Inizio col dire che sono due le chiavi di lettura della questione welfare collegata al tema della crisi. La prima è rappresentata da un dato di fatto: la crisi ancor più eleva le sofferenze e il disagio, determinando l’aumento della domanda di servizi. La seconda rinvia ad un altro effetto, la crisi comporta cioé una minore disponibilità di risorse, che ancor più ci costringe a politiche di rigore, sicuramente non fondate su tagli trasversali bensì su un uso efficiente ed efficace delle risorse, attraverso la definizione dei Livelli Essenziali di Prestazione Sociale. I cosiddetti LEPS, di cui tratterò di qui a poco. Una precisazione però va fatta. La definizione “welfare” include più accezioni ed impegna diversi Assessorati regionali ed altrettante deleghe. Possiamo definire welfare la scuola, la tutela della salute, l'edilizia sociale, le politiche attive per il lavoro, le agevolazioni per il trasporto dei disabili, i servizi alla persona. Su quest'ultimo segmento – i servizi alla persona – vanno pertanto ad innestarsi le competenze della mia delega. Ecco perché ho accolto con grande piacere l'invito a relazionare in Consiglio su quanto fatto in questi primi 8 mesi di governo regionale. Ho ritenuto opportuno partire da un dato inconfutabile: il taglio drastico alle risorse nazionali, per le politiche sociali, dirette alle Regioni. Negli ultimi cinque anni, il trend che ha caratterizzato i trasferimenti del Fondo Nazionale Politiche Sociali per la Campania è stato il seguente: 103 milioni di euro nell’anno 2007, 67 milioni nel 2008, 52 milioni nel 2009, 38 milioni nel 2010, 22 milioni – è notizia di queste ore – nel 2011. Peraltro, i 22 milioni di euro del Fondo nazionale Politiche sociali rappresentano una cifra che è di poco superiore al doppio dei fondi sino ad oggi trasferiti – annualmente – al solo Comune di Napoli, delle cui vicende passerò a parlare nello specifico di qui a poco. Con il 2010 si conclude, peraltro, la sperimentazione del Fondo per la Non Autosufficienza e la Regione Campania subisce così un ulteriore tracollo per il 2011 di ben 32 milioni di euro. Passiamo ora ad analizzare il destino delle risorse regionali per il welfare. Va detto subito che a distanza di 7 anni dalla legge nazionale, nell’ottobre del 2007 viene varata in Campania, in esecuzione della 328 del 2000, la Legge sulla Dignità sociale: la numero 11. Tale legge prevedeva la necessità di accendere, nel Bilancio regionale, una serie di capitoli dedicati alle politiche sociali. Questa disposizione – però – fu rispettata solo e soltanto nel 2008, quando venne prevista una posta di 20 milioni di euro. Oggi, a distanza di tre anni, è l'attuale Consiglio regionale – con la manovra di assestamento di Bilancio – a prevedere per la Legge 11 una posta di 5 milioni di euro. Uno sforzo ancor più grande, se si tiene conto delle ristrettezze economiche in cui la Regione Campania versa. Ma perché tale Legge non è mai stata adeguatamente finanziata negli ultimi anni? Personalmente, ho provato a darmi una risposta e sono giunto alla conclusione che 2 sono le ragioni alla base di detto comportamento: la riduzione della capacità finanziaria della Campania, che in quegli anni già si incominciava ad intravedere; la scelta politica di appostare le residue disponibilità sul Reddito di Cittadinanza. Tale misura, infatti, fu prorogata dal precedente Governo regionale con la Finanziaria del 2009, lasciando in questo modo a secco i capitoli di spesa della Legge 11. Si trattò di una scelta che oggi, come allora, non ho remore a definire sbagliata, poiché ha già pregiudicato le casse di Palazzo Santa Lucia e, di qui a poco, dirò come rischia di pregiudicarle ulteriormente per i prossimi anni. Ma le risorse regionali constano anche di quelle provenienti dai Fondi Europei. Questi ultimi hanno però la caratteristica di essere rivolti esclusivamente alle attività di investimento. La Giunta regionale sta rilanciando, anche nel settore delle politiche sociali, l’impiego di tali risorse, che senz’altro potranno contribuire all’elevazione del sistema di welfare in Campania. Ci sono, infine, i fondi comunali, che hanno una base di minima dalla quale i Comuni debbono partire: 7 euro per abitante. Tali fondi vanno trasferiti in un unico centro di responsabilità e di costo, che la Legge 11 individua nel cosiddetto Fondo Unico di Ambito (FUA). E’ intorno a tale strumento che, in particolar modo, si determinano le criticità nell’applicazione delle leggi 328 e 11. Per meglio comprendere però il problema che abbiamo di fronte, è il caso di soffermarsi solo per un momento sulle criticità del welfare campano. Il sistema dei servizi alla persona della nostra regione presenta diversi aspetti negativi: 1) la debolezza delle forme associative scelte dai Comuni (eccetto le pochissime esperienze consortili, il governo associato delle politiche sociali in Campania è risultato debolissimo); 2) l’assenza di un unico centro di responsabilità e di costo; 3) la duplicazione dei servizi; 4) una spesa più per l’apparato amministrativo che per i servizi sociali; 5) una scadente governance territoriale; 6) una discontinuità tra la pianificazione territoriale e l’erogazione dei fondi regionali; 7) la precarietà dei lavoratori del sociale : 8) il ritardo nel pagamento da parte dei Comuni delle rette per le prestazioni erogate dalle cooperative sociali e dal Terzo settore; la tendenza ad essere stato negli anni un progettificio invece che un luogo di programmazione; 9) l'annoso contenzioso tra Asl e Comuni sulla partita del socio-sanitario; 10) l'aver dato vita ad una misura confusa e contrabbandata come una politica per la povertà, il reddito di cittadinanza. Su quest'ultimo punto, occorre dire che prevedere un’indennità senza mettere in campo azioni aggiuntive che favoriscono la fuoriuscita dalla povertà ha significato rendere cronica tale povertà. Ma il danno che il reddito di cittadinanza ha comportato travalica i confini del sociale: per la Suprema Corte di Cassazione è stata, distorta la formulazione e l’applicazione della relativa norma. Ora, una sentenza obbliga la Regione Campania ad erogare il reddito di cittadinanza, oltre che ai 18 mila che l’hanno già percepito, all’intera platea dei 104mila aventi diritto. Un vulnus finanziario che, da un calcolo riguardante i soli primi due anni di erogazione della misura, assume i contorni di una cifra stratosferica: 250 milioni di euro. Una parola di verità però va detta anche sulle vicende del Comune di Napoli. La questione del Comune di Napoli non può dirsi una criticità: essa si inscrive in una dimensione che, senza tema di errore, si può dire patologica. In due esercizi finanziari – 2008 e 2009 – ha ottenuto infatti dalla Regione Campania, tra finanziamenti ordinari e straordinari, la bellezza di 55 milioni di euro. A differenza di tutti gli altri ambiti però, Napoli ha avuto anche sostegni straordinari da parte della Regione Campania ottenendo quindi 25 milioni in più rispetto agli altri Comuni. Dico anche qui che nei prossimi giorni stiamo per applicare nei confronti di quella che ho chiamato una patologia l'art. 47 della legge 11 che prevede l'azione sostitutiva, vale a dire il commissariamento. Ciò perché il Comune partenopeo non rendiconta le risorse già assegnate per il sociale, non ha ancora costituito (malgrado le prescrizioni degli scorsi anni e le norme di legge) il Fondo unico di Ambito, ha presentato un Piano sociale di zona per il 2010 nettamente in ritardo ed incompleto. Veniamo ora alle azioni della giunta Caldoro, le risposte del Governo regionale alle criticità del welfare campano Se non vi fossero state le condizioni di criticità prima elencate, oggi ci troveremmo, come tutte le altre Regioni, ad affrontare solo i problemi dei tagli ai trasferimenti nazionali. Quindi, questo pesante fardello ha reso ancor più complesso l’impegno messo in campo e soprattutto l’impegno che ci attende. Quali sono, allora, le azioni che ha già avviato il Governo regionale. Innanzitutto, una programmazione partecipata (confronto con i sindacati prima dell'approvazione dei Piani di Zona a livello di Ambito sociale) e concertazione (riscrittura in Consiglio regionale della legge 11 del 2007, attraverso un tavolo tecnico-politico con i presidenti delle Commissioni competenti, Antonia Ruggiero e Giovanni Baldi). Quindi, la certezza nell'erogazione delle risorse, mediate una più stabile programmazione sociale regionale, che sia biennale e non più annuale. Altra importante azione, già avviata dall'Assessorato regionale all'Assistenza sociale, è l'individuazione sistematica dei target di assistenza sociale e la definizione dei Livelli essenziali di prestazione. Di qui, il sostengo alla cooperazione sociale e al terzo settore, la premialità per gli Ambiti virtuosi (meccanismo appena introdotto per le ultime annualità del Psr e del tutto inedito), un controllo sempre più serrato della spesa sociale che tenga conto dei destinatari (i cittadini-utenti), il sistema informativo sociale (con al centro il ruolo di raccordo delle Province), la sfida dei fondi europei (vincolati), che sono già al centro di una riprogrammazione finalizzata agli investimenti. E' questa la strada che abbiamo intrapreso per il rilancio del welfare. Una strada da percorrere tutti insieme e qualche primo importante segnale già si coglie: a margine della mia relazione in Consiglio regionale, è stato approvato all'unanimità un ordine del giorno che rilancia i temi delle politiche sociali e del socio-sanitario. In... fondo, in... fondo, il welfare è di tutti e tutti insieme dobbiamo contribuire a farlo crescere.
archivio
rubrica