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La febbre da campagna elettorale. Strumentalizzare la sofferenza disegno volgare e pericoloso
di Ermanno
Russo
01/04/2011
Con una campagna elettorale alle porte, che peraltro coinvolge grandi Comuni ed una nutrita fetta di popolazione, aumenta sensibilmente il rischio di strumentalizzazioni di varia natura. Strumentalizzazioni e, in qualche caso, distorsioni che, qualora dovessero riguardare le fasce cosiddette deboli della società (e come tali maggiormente esposte agli effetti drammatici dell'attuale momento di crisi economica strutturale), si rivelerebbero volgari e pericolose. Dico volgari perché finirebbero per utilizzare speciosamente e al solo fine di accrescere un consenso personale la sofferenza che è evidente in talune realtà del centro come della periferia di grandi e piccoli comuni, alimentando delle aspettative che sono destinare ad essere disattese e che al povero cittadino, già disagiato per conto suo, procurano un ulteriore stress psicologico e, allo stesso tempo, un vuoto di fiducia nei confronti della politica e delle istituzioni difficilmente recuperabile in seguito. Tali strumentalizzazioni però risultano essere anche estremamente pericolose, nonostante una parte della politica, quella maggioritaria e più qualificata, abbia imparato negli anni a diffidare di esse. Lo sono per una ragione piuttosto elementare e rispetto a cui la storia recente, specie della Campania, ha fornito prove e testimonianze eloquenti. Mi riferisco all'esasperato clima di tensione sociale che ha accompagnato l'avvio di processi di rinnovamento politico-culturale nella nostra regione, che oggi non è svanito del tutto, anzi resta strisciante e pronto a ripiombare da un momento all'altro appena qualche pretenziosa promessa di un possibile miglioramento economico o occupazionale dovesse poi rivelarsi, come già è accaduto, una mera illusione. La costruzione di un nuovo modello di stato sociale, a cui tutte le istituzioni e tutti coloro che intendono la politica come servizio sono chiamati a dare un contributo, passa per la ristrutturazione ed il potenziamento della capacità di governance territoriale e non certo per trame, strategie e logiche poco, se non per niente, trasparenti, il cui unico scopo è vendere sogni in cambio di una neanche tanto velata richiesta di consenso, che guarda caso viene quasi sempre indirizzata a chi è costretto a crederci per effetto di una necessità o di un disagio sempre più pressante. In presenza di tali perniciose distorsioni non resta dunque che rivolgere un appello ai candidati a sindaco delle varie città chiamate al voto di maggio, tra cui sicuramente e soprattutto Napoli, affinché usino il metodo della chiarezza nell'interloquire con i propri elettori e non cedano alla tentazione di proporre progetti e disegni di cui non si conoscano con esattezza tempi di realizzazione, costi e fattibilità. La sofferenza è un tema serio, che abbraccia più segmenti della vita amministrativa e politica di un ente, e come tale merita di essere affrontata con azioni sistemiche, volte a ricomprendere dentro i confini di un approccio globale, trasversale e flessibile tutti profili in cui essa si caratterizza e le cause che nelle diverse fasi storiche hanno condotto a tale debilitante condizione. La forza di una proposta politica di governo del territorio risiede oggi nella capacità di organizzare un modello d'azione calato nel contesto socio-economico della città che ci si candida ad amministrare, misurando con i parametri dell'universo locale interventi e ricadute, il margine di successo ed il rischio di fallimento. E' questa la vera sfida che le coalizioni ed i candidati al governo delle città hanno davanti. Diversamente, se si dovesse cedere alla tentazione di sollecitare l'impegno di un'ampia massa di popolazione, finita per le ragioni più disparate nella morsa della povertà, al solo scopo di strumentalizzarne il disagio a fini elettorali, beh vorrà dire che si sarà complici del definitivo sorpasso dell'anti-politica ai danni della politica, ponendo inevitabilmente le basi perché gli effetti delle pericolose distorsioni di cui sopra non tardino a manifestarsi. In... fondo, in... fondo, il termine politica – secondo un'antica definizione scolastica – rinvierebbe direttamente all'arte di governare le società. Vendere illusioni, imbonire i cittadini e blandirli per ottenere in cambio consenso non rientra certo nell'accezione, neanche in quella più fantasiosa, del significato originario della parola e, di sicuro, è l'esatto contrario dell'arte di governare.
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