Rubrica "in...fondo, in....fondo"

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Chi ha davvero vinto le elezioni? Di sicuro, non il Pd. Se il Pdl ha perso, il Partito democratico ha straperso
di Ermanno Russo

A bocce ferme, smaltita l'adrenalina della competizione elettorale, è opportuno analizzare il risultato politico delle elezioni comunali di Napoli, provando a capire chi ha realmente vinto e chi invece ha perso. Un dato però appare subito come inconfutabile a margine di questo turno amministrativo che ha interessato, tra l'altro, il capoluogo campano e, cioè, che il Pd non ha vinto. E ciò nonostante la dirigenza locale si ostini a rilanciare l'immagine del centrosinistra legandola speciosamente al neosindaco De Magistris e faccia di tutto per nascondere colpe, responsabilità e limiti di una pesantissima sconfitta elettorale che ha portato il proprio candidato, il prefetto Morcone, a non superare neanche l'asticella minima del primo turno. Ma diciamola tutta. Tra i partiti che sicuramente non hanno vinto le elezioni di Napoli c'è anche il Pdl, che però – a differenza dei vertici del Partito democratico partenopeo – è alle prese con un duro confronto interno, avviato a tutti i livelli e fondato su una sana, legittima, onesta autocritica. Un'autocritica che, a mio avviso, non si può ridurre alla sola scelta del candidato sindaco. Gianni Lettieri non può essere considerato l'unico colpevole, il solo responsabile della debàcle pidiellina, che invece affonda le radici in un momento sfavorevole sia dal punto di vista congiunturale, perché governare in periodo di crisi economica strutturale è una delle cose più impegnative e difficili per un esecutivo sia esso nazionale o locale, che sotto il profilo della tenuta dei conti, con un patto di stabilità interno sforato ed una crisi di liquidità senza precedenti. Ciò significa che gli elettori di Napoli hanno visto in De Magistris una terza via, alternativa al Pdl ma anche e soprattutto contraria al Pd. Ecco perché viene da sorridere dinanzi a talune grottesche e gratuite manifestazioni di entusiasmo da parte di esponenti, autorevoli e meno autorevoli, del Partito democratico. Occorre dirlo con chiarezza: se il Pdl ha perso le elezioni, il Pd a Napoli ha straperso. Non bisogna andare molto lontano nel tempo per ricordare che il principale partito del centrosinistra gestiva e governava tutte e tre le amministrazioni locali con sede nel capoluogo: il Comune partenopeo, la Provincia e la Regione. E non serve un sforzo di memoria fuori dall'ordinario neanche per far venire alla mente la vittoria schiacciante del centrodestra a Palazzo Matteotti nel 2009, così come quella importantissima dello scorso anno a Palazzo Santa Lucia, sotto la guida del presidente Caldoro e di una coalizione di forze moderate, riformiste, liberali. Ciò a testimonianza di una volontà precisa degli elettori di cambiare pagina e mandare a casa il centrosinistra. Una volontà che al primo appuntamento utile si è confermata anche nel capoluogo campano, questa volta non a vantaggio del Pdl ma di una terza via, di quel De Magistris che si è posto comunque in forte antitesi con il sistema di potere che ha governato per circa vent'anni Palazzo San Giacomo. Una prova inequivoca di come il Pd abbia perso le elezioni, di come ad essere stato bocciato sia stato il malgoverno del centrosinistra e non il Pdl. Il Pdl non è stato premiato dalle urne ma ad essere stato subito depennato, al primo turno, dal novero di coloro che potessero aspirare alla vittoria è stato il Partito democratico. Un soggetto politico del tutto anomalo, visto che dopo questa pesantissima sconfitta non ha ravvisato neanche per un momento la necessità di avviare un confronto al proprio interno. Anzi, ha preferito lasciarsi andare a facili trionfalismi, che oggi come mai prima d'ora appaiono del tutto fuori luogo. Dall'altro lato, invece, c'è un partito che sta facendo autocritica con serietà, a tutti i livelli, che si sta interrogando sulle ragioni che hanno portato ad una momentanea interruzione del feeling con l'elettorato napoletano, andandone a ricercare le cause non soltanto nella scelta degli uomini, che sarebbe ora ingiusto e sbagliato considerare gli unici colpevoli, ma ragionando su fattori più profondi ed evidenti di malcontento, che pure l'immaginario collettivo in qualche modo segnala. Tra questi c'è di sicuro il non aver corrisposto immediatamente alle aspettative di una popolazione che si era liberata della sinistra due volte, prima con il voto alle Provinciali e poi con quello alle Regionali, ma che, a ragione, non è riuscita a comprendere appieno le motivazioni di una battuta di arresto dei governi di queste amministrazioni, alle prese con debiti e patto di stabilità interno. Di qui la scelta di una strada alternativa ai due poli, di una terza via, che Luigi De Magistris ha finito per incarnare bene, superando il candidato del centrosinistra al primo turno senza alcuna difficoltà e proponendosi come il nuovo. Anche su quest'ultimo punto, il Pdl ha delle responsabilità, avendo lasciato al candidato dell'Italia dei Valori fin troppo il pallino del gioco e avendo colpevolmente glissato sulle ragioni di un'alternativa di governo e non soltanto politica, che la storia riconosce al Popolo della Libertà e non certo alla compagine dipietrista. Pure in questo caso, quindi, il tonfo del Partito democratico è evidente, non avendo partecipato minimamente alla contesa non soltanto per le chances di vittoria ma anche per il primato politico nella città. In... fondo, in... fondo, il tempo è galantuomo e svelerà il tentativo maldestro del Pd di salire sul carro dei vincitori o, peggio ancora, di utilizzare ex post, a risultato acquisito, la popolarità di De Magistris per rifarsi una verginità politica e piccarsi di aver contribuito a vincere un'elezione che invece ha rovinosamente perso.
03/06/2011