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La scure della manovra economica sulla spesa sociale, tagli e ticket aggravano le condizioni di povertà
di Ermanno
Russo
15/07/2011
E' una manovra economica che impoverisce le famiglie ed aggrava le condizioni, già esasperate, delle fasce più deboli della popolazione quella proposta dal Governo ed in corso di approvazione alla Camera. Al di là della necessità, condivisibile, di metter mano ai conti e al deficit pubblico, emerge sempre più in Italia una totale leggerezza e superficialità nel tagliare la spesa sociale ed introdurre ticket, come nel caso della sanità, che irrimediabilmente vanno a penalizzare l'assistenza diretta ai ceti medi o alle fasce cosiddette basse. Dopo la riduzione del 47%, rispetto al 2010, del Fondo Nazionale Politiche sociali, il mancato rifinanziamento del Fondo per le non Autosufficienze, il dimezzamento dei Fondi per la Famiglia, ora la scure del Governo si abbatte anche sulle agevolazioni fiscali per i nuclei familiari e sui bonus per i servizi assistenziali. Insomma, il rischio è che tutto ciò che oggi è catalogabile come “sociale” finisca per sparire, con effetti che – a ragione – il presidente Caldoro ha definito devastanti per le Regioni del Sud. A questo punto, non basta neanche più essere virtuosi, non basta aver catechizzato per mesi gli Ambiti sociali territoriali ad un utilizzo oculato e parsimonioso delle già scarne risorse appostate sulle politiche sociali, non basta aver programmato i fondi disponibili in base alle priorità, dando precedenza assoluta ai livelli essenziali delle prestazioni, da oggi occorrerà reinventare il welfare. Quando il governatore della Campania parla di “manovra non sostenibile”, per il Meridione soprattutto, lo fa con cognizione di causa, perché conosce la situazione campana di sanità, welfare, trasporti pubblici e comprende benissimo che l'unico modo per rispettare i parametri del provvedimento è intervenire sui servizi. Nonostante l'ottimo risultato raggiunto dal presidente Caldoro sul fronte delle premialità, che consentirà a tutte le Regioni, anche a quelle che hanno sforato il patto di stabilità o alle prese con i piani di rientro in sanità, di accedere alle risorse libere, è chiaro che toccherà agli enti locali e, di riflesso, anche le famiglie, che sono gli utenti finali di Regioni e Comuni, sobbarcarsi il peso di questa manovra. Ciò proprio quando l'Istat lancia l'allarme sull'attuale soglia di indigenza in Italia, stigmatizzando nel suo ultimo rapporto come una famiglia numerosa su due al Sud sia povera. Ma l'Istituto italiano di statistica dice di più. Rivela che la povertà aumenta tra quei nuclei familiari aggregati, dove ad esempio è presente un anziano che vive con la famiglia del figlio, o in quei nuclei monogenitoriali. I dati relativi al 2010 testimoniano inoltre una crescita del tasso di povertà rispetto al 2009 di quasi dieci punti percentuali per quelle famiglie che hanno al loro interno tre o più figli minorenni. Il quadro insomma è abbastanza chiaro ed è altrettanto chiaro come siano proprio le agevolazioni o le deduzioni per questi nuclei familiari che il Governo sia andato in qualche modo ad intaccare nella manovra finanziaria. L'azione delle Regioni a questo punto rischia di rivelarsi vana, poiché – a meno di provvedimenti successivi da parte del Ministero dell'Economia – sembra esser venuta meno quella rete di protezioni fiscali e previdenziali che consentiva agli enti locali di svolgere un intervento aggiuntivo e non sostitutivo rispetto allo Stato. In questo modo, come saggiamente ha sottolineato il presidente Caldoro, l'impatto della manovra diventerà insostenibile e bisognerà fare uno sforzo sovrumano per tentare di salvaguardare almeno parte dei livelli essenziali delle prestazioni. E' chiaro che la Regione si sta attrezzando sin dai primi tagli al Fondo Nazionale Politiche Sociali, che – giovi ricordarlo – è passato per la Campania dai 103 milioni del 2007 ai 17 del 2011, ma la manovra va in vigore subito ed i processi di coinvolgimento del privato sociale o di altre forme di assistenza hanno dei tempi decisamente più lunghi. Probabilmente, il Governo avrebbe dovuto osare in altri settori, tagliando i costi della politica, intervenendo sulle pensioni più ricche ed evitando di incidere sui bilanci già disastrati degli enti locali e sulla spesa sociale.
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