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Lettera aperta al Presidente della Regione Stefano Caldoro
Caro Stefano, meno male che De Mita non c'è...

di Ermanno Russo

Caro Presidente, ho vissuto con te sin dall'inizio le vicende, amministrative e politiche, che hanno riguardato il governo regionale eletto dai cittadini campani nel 2010 e, con esse, ho vissuto anche le vicissitudini della giunta che porta il tuo nome e di cui mi onoro di far parte.
Quando ci siamo insediati avevamo chiare le priorità di una regione che usciva da una catastrofe economico-finanziaria senza precedenti, di cui sanità e trasporti erano solo la punta dell'iceberg, e che, sotto la tua guida responsabile e politicamente corretta, mirava a scrollarsi di dosso quell'etichetta di regione "canaglia", immeritata e per troppi anni appiccicata alla Campania e alla sua gente da chi, da Roma in su, non aveva mai perso occasione per farlo, invogliato dalla gestione allegra e superficiale delle casse di S. Lucia, di cui lo sforamento del patto di stabilità, perpetrato dalla precedente amministrazione di sinistra, è un esempio lampante. Hanno avvelenato i pozzi, ebbi a dire all'indomani della presentazione delle liste della scorsa tornata elettorale, in cui pure fui candidato, come lo sono oggi, e nella quale volli metterci la faccia proprio come ora. Dire ciò, raccontare di un'eredità pesante trasferitaci da chi ci ha preceduto, non vuol dire fare a scaricabarile o voler trovare attenuanti o giustificazioni.
Il mio è il tentativo di ricostruire i fatti e dare loro una dignità politica.
Iniziammo dunque nel 2010 una nuova stagione di governo, pur tra mille difficoltà. Fummo costretti a revocare atti e deliberazioni illegittime, che ci mettevano nella condizione di non poter rispettare impegni assunti strumentalmente da altri. Ci dotammo degli strumenti tecnici e legislativi per superare quello che fu un autentico "sgambetto" ed iniziammo una nuova stagione di governo per la Campania.
Nell'interesse delle comunità che ci vollero lì, in Consiglio e poi in Giunta, per il bene dei territori che noi tutti amiamo. Si trattò quasi di una fase costituente. L'assetto della giunta da te nominata quel 16 maggio del 2010, caro Presidente, fu infatti permeato da valori e principi nuovi. All'interno della squadra di governo si potevano scorgere sia scelte tecniche, suffragate dall'ingresso delle migliori competenze che la regione potesse esprimere, che componenti più politiche, come me, il collega Pasquale Sommese e l'onorevole Marcello Taglialatela, risultato di scelte compiute sulla base di un ragionamento svolto con i partiti, che lealmente ti avevano sostenuto. Allora perché parlo di fase "quasi" costituente? Perché il peccato d'origine di quella partenza fu l'innesto di un soggetto politico non eletto dal popolo ma "piazzato" comunque da vecchie logiche alla vicepresidenza di una istituzione, quella regionale, che, come dicevo prima, aveva voglia di svoltare e rompere con il sistema di potere del passato. Quel nome era De Mita. Che si fosse trattato di Giuseppe e non di Ciriaco non ha importanza. È il metodo che conta. Ed il metodo in questo caso, in quel caso, fu sostanza.
Qualcuno potrebbe ora chiederci, caro Stefano, perché scegliemmo allora, nel 2010, di allearci con De Mita. Una domanda legittima che ha una risposta altrettanto chiara: si trattò di un'alleanza programmatica con l'Udc, che per la verità era già su posizioni diverse rispetto al presidente Berlusconi a livello nazionale in quell'epoca, e che scelse te come presidente in Campania anche grazie al lavoro diplomatico della rappresentanza locale napoletana del partito, che non a caso ha scelto di restare con noi.
Oggi, dopo che De Mita e company ci avevano fatto credere che vi fossero ancora obiettivi comuni, si scopre improvvisamente che quell'alleanza programmatica non c'è più. Poco male. Per fortuna, non c'è più solo con una parte dell'Udc, quella subalterna a De Mita, mentre la parte vivace e pensante del partito centrista è al tuo fianco, caro Presidente, e contribuirà a farti vincere di nuovo. Una riflessione però al riguardo va fatta.
Quali sono le ragioni che spingono un partito nelle ore delle presentazione delle liste a cambiare idea? Ragioni di piccolo cabotaggio. Scelte personalistiche e di carattere meramente opportunistico. Insomma, tutto ciò che tu, caro Stefano, hai combattuto, e noi con te, per restituire ai cittadini della Campania una istituzione, quella regionale, non più al centro di spinte centrifughe provenienti dal più vecchio e deleterio sistema di potere postdemocristiano. Del resto, chi ha memoria non dimentica le rotture, gli scontri, gli abbandoni messi in scena in Giunta allorché si dovettero scegliere le professionalità a capo delle Asl e della sanità campana, nomine di manager, professionisti selezionati da commissari terzi e sulla base di curricula ben solidi, che qualcuno, un nome a caso, De Mita, volle far passare per altro, per manovra politica, spaccando gli equilibri in Regione e il suo stesso partito, l'Udc napoletano, che non condivise la scelta del vicepresidente Giuseppe De Mita di uscire dalla Giunta regionale, salvo poi rientrarvi un mese dopo. Era il settembre del 2011. Il clima in Giunta era pesante. Dopo quella rottura, che la stampa ritenne esser dettata da questioni di lottizzazioni politiche, fummo costretti anche noi assessori,a trovare mediazioni su tutto, su ogni provvedimento. Un metodo vecchio per un governo regionale che aveva tutti i numeri per presentarsi come il nuovo. Oggi, caro Stefano, permettimi di dire che Vincenzo De Luca ti ha fatto, e ha fatto ai cittadini campani, un grande piacere. A te, caro Presidente, ha tolto la pressione di un alleato abituato a vecchie liturgie politiche, agli antipodi rispetto alla tua cultura di governo.
Ai cittadini campani ha consegnato una coalizione politica sgrossata delle zavorre e dei pesi in eccesso accumulati con l'esperienza di governo virtuosa, quella di centrodestra, che volge al termine, offrendo un valido motivo alla gente per non votare il centrosinistra e scegliere un Caldoro bis...
Quindi, meno male che De Mita non c'è...
02/05/2015